TROVA UN SOPRANNOME PER I TUOI EX
Scimmia, Ansia, Alfonso, Rovigo/Braccine Corte, Muffa.
Non sto giocando a Scarabeo, purtroppo. Questi sono i nomi degli ultimi ragazzi che ho conosciuto/frequentato dall’inizio dell’anno. O meglio, questi sono i loro soprannomi, perché la regola di oggi impone proprio questo: trova un soprannome ai tuoi ex, che si tratti di un ragazzo col quale sei uscita una volta o dell’uomo che ti ha torturato il sistema nervoso per mesi.
Perché questa regola? Pensaci, qual è una delle cose più comuni che capitano quando ci si innamora (soprattutto nelle prime fasi)? Beh, non c’è momento della giornata in cui qualcosa non ci riporti alla persona amata. Perché non appena iniziamo ad entrare nella vita di qualcuno, o meglio, non appena qualcuno si insinua nella nostra quotidianità, sembra inevitabilmente che tutti al mondo guidino la sua auto, facciano un lavoro simile al suo, si vestano come lui. Sembra che ogni film, canzone, libro abbiano copiato il vostro modo di parlarvi, baciarvi, toccarvi e stare insieme.
Ma soprattutto, sembra che tutti si chiamino come lui.
Nella fase dell’innamoramento, nella quale scambiamo la colite nervosa con le farfalle e non sappiamo più riconoscere nemmeno un profumo perché ci sembrano tutti il suo, queste coincidenze per noi sono una cosa soltanto: segni del destino che quell’uomo lì, è proprio la nostra metà del cielo. Poi la storia finisce, e per quanto ci sforziamo di cancellarlo dalla nostra mente eliminando tutti gli oggetti che ci legano a lui e maledicendo ogni film, canzone e libro che avete visto, ascoltato e letto mentre stavate assieme, come la mettiamo col nome? Possiamo cancellare tutti quelli che si chiamano come lui? No. E almeno che tu non sia una di quelle fortunelle che si sono innamorate di un Evaristo, Ernesto, Ovidio o simili, c’è solo un modo per non soffrire quando conosci o senti parlare di qualcuno che si chiama come il tuo ex: trovargli un soprannome. Un nomignolo che dovrai pensare ispirandoti ai suoi lati più assurdi e negativi, che finiranno inevitabilmente per farti ridere, soprattutto quando ne parlerai con le tue amiche.
Eccoti quindi qualche esempio utile di soprannome-da-ex.
SCIMMIA. Qualche mese fa accetto un appuntamento al buio organizzato da un’amica. Sorvoliamo sul fatto che sia arrivato con mezz’ora di ritardo, sorvoliamo sul fatto che avesse la macchina in disordine e sporchissima (non che m’importi dell’auto, ma visto che per il 99% degli uomini la macchina è una proprietà sacra, il fatto che fosse in quelle condizioni proprio in occasione del primo appuntamento la diceva lunga – e male – sul ragazzo in generale), sorvoliamo pure sul fatto che a metà febbraio mi abbia portato in uno sconosciuto B&B in collina, perché secondo lui nello stesso locale c’era un bel bar. E sorvoliamo anche sul fatto che il cosiddetto “bel bar” fosse una bettola dov’eravamo in 4: io, il tipo, il dj panciuto vestito da pirata, il direttore del B&B (che secondo me era pure il compagno del dj). Ma, ragazza mia, non possiamo sorvolare sul fatto che il tipo ad un certo punto nota i miei tatuaggi, e comincia a raccontarmi tutto fiero di sé che i tatuaggi “non me li posso fare perché sono troppo peloso (e qui mi va di traverso il primo sorso di Martini), davvero, talmente peloso che ho pelo persino nelle spalle e nella schiena. Davvero. Pensa che una volta ho provato anche con la ceretta. E’ stato un disastro: mi è uscita un’irritazione terribile, quasi quasi ho fatto infezione ed avevo anche il pus.” (e qui mi sono andati di traverso l’oliva, il nocciolo dell’oliva e tutto lo stecchino).
Non contento di questo bell’argomento di conversazione, e non accorgendosi che stavo pensando di supplicare il pirata dj di portarmi a casa, comincia a dire “sono talmente peloso, che io l’estate la odio proprio, perché sudo come un cammello e devo farmi anche tre docce al giorno.”
A questo punto tento di ubriacarmi ordinando un altro Martini e sperando in uno stordimento tale da riuscire a chiudere la serata senza l’immagine di questo qui in maglietta bianca d’estate, ma il tipo in questione decide di darmi – darsi – il colpo di grazia. Nota che mi sto toccando la caviglia, e mi chiede se ho freddo visto che indosso jeans e decolleté tacco 12. Gli rispondo di si, sottintendendo, certo-che-ho-freddo-idiota-visto-che-siamo-in-questo-posto-dimenticato-da-Dio-senza-riscaldamento-ai-piedi-della-montagna-a-metà-febbraio. E lui tutto fiero di sé mi fissa negli occhi e mi dice: “la prossima volta mettiti i gambaletti”. Te lo scandisco bene, amica, perché forse non sei riuscita a leggere la parola, GAM-BA-LET-TI. Lo fisso con uno sguardo glaciale, e gli rispondo che la parola gambaletti ed io non stiamo non solo nello stesso vocabolario, ma siamo proprio in due idiomi diversi. E nella mia testa scattano due decisioni: il tuo soprannome, tesoro, è SCIMMIA. E, caro scimmia, per me è no! Bocciato.
ANSIA. Dopo di lui, scatta l’esterna con un ragazzo carinissimo conosciuto durante una festa di cui ricordo solo due cose: che avevo ballato con lui tutta la sera, e che avevo bevuto talmente tanto da non ricordarmi nient’altro. Decidiamo di uscire. Primo appuntamento interessante ed originale, il giovanotto guadagna punti. Ma, ahimé, il giorno dopo scatta l’sms ad ogni ora. Con lo stesso, identico contenuto:
Ore 6.50, buongiorno stellina, mi sono svegliato
Ore 7.10, buongiorno stellina, faccio colazione
Ore 7.30, buongiorno stellina, vado a lavoro
Ore 7.50, buongiorno stellina, inizio a lavorare.
Ecco, sappi che stellina (che sarei io) in quel periodo si alzava non prima delle 9, e sappi che stellina (che sarei ancora io) dorme sempre con il cellullare acceso. Sappi anche che il tipo tutte queste cose le sapeva, quindi….MA TI PARE CHE POSSA ESSERE UN BUONGIORNO SE INIZI A ROMPERMI I COGLIONI DUE ORE PRIMA CHE IO MI DEBBA ALZARE???????? Ma non è tutto.
0re 10.00, buona colazione, stellina
Ore 12.05, vado a casa, stellina
Ore 12.20 sto mangiando, stellina (messaggio accompagnato dalla foto del piatto)
Ore 12.30, buon pranzo, stellina
Ore 13.10, torno a lavoro, stellina
Ore 13.20, buon caffè, stellina
Ore 13.35, buona digestione, stellina (si, siamo arrivati anche a questo!!!)
Ore 16.00, buona merenda, stellina
Ore 17.30, vado a casa, stellina
Ore 18.30, buon aperitivo, stellina
Ore 19.30, buona cena, stellina
E poi, dalle ore 21 a ripetizione ogni 30 minuti: buonanotte stellina.
Dopo due giorni così, è scattato il buzz. Giovanotto, per me è no. Soprannome? ANSIA!
ALFONSO. E tocca poi al toy boy, un ragazzo mooooooolto giovane e mooooooolto carino, ma confuso, mooooooolto confuso. Dopo un inizio a cento all’ora, pubblicizzato alla grande dal ragazzino, scattano – ovviamente – i primi dubbi. E allora lui che fa? Sparisce. Come se bastasse non scrivere, non chiamare o non vedersi più per dichiarare ufficialmente chiusa una frequentazione. E visto che l’interesse all’epoca fu pubblicamente palesato tanto quanto il disinteresse, il soprannome che ho scelto per lui è ALFONSO, titolo di una canzone della bravissima Levante, che in questi versi descrive perfettamente il mio stato d’animo nei confronti del toy boy:
“Corre l’anno 2013/in mano alcolici e niente più/u-huuu u-huuu/che vita di merrrrrda/ma cosa c’entra il bonton/ho riso per forza/ ho rischiato di dormirti addosso/STRONZO, TANTI AUGURI MA NON TI CONOSCO”.
Non contenta, mi concedo una chance con ROVIGO, detto anche BRACCINE CORTE: beh, il primo nomignolo per l’ovvia provenienza geografica, il secondo per l’ovvia caratteristica che si riassume così con la sintesi dei nostri appuntamenti.
Primo: ci troviamo a metà strada e poi lo scarrozzo io in giro a locali. Primo aperitivo offerto da me, secondo aperitivo offerto da lui, pizza pagata metà a metà.
Secondo: vado io da lui, portando dei cioccolatini all’arancio perché non è bello andare a casa di estranei a mani vuote.
Terzo: vado io da lui, portando una bottiglia di vino per il motivo di cui sopra.
Quarto: viene lui da me (a mani vuote) e la prima cosa che mi dice è: “Certo che sono 70km per venire a casa tua!” Io lo guardo e penso – tra me e me: “Ma dai? Ma davvero? Pensa che per venire IO a casa tua ne ho percorsi solo 35, perché ho noleggiato un ultraleggero e mi sono fatta lanciare col paracadute nel piazzale davanti a casa tua! Sopprimo l’istinto di mandarlo a fanculo nell’immediato, più che altro perché era tardi e avevo fame, e andiamo a mangiare la pizza. Con la mia macchina. Mentre aspettiamo il tavolo, mi chiede se voglio un aperitivo.
IO: Certo!
LUI: Ok, tu intanto va a pagare che io lo ordino.
Dopo 5 minuti andiamo al tavolo, io col mio bicchiere vuoto dopo aver seccato per il nervoso tutto il prosecco, lui con la sua birra piccola tenuta in mano come si trattasse del Sacro Graal.
Ordiniamo. E lui dice alla cameriera che gli basta la sua sacra birra piccola – che ho pagato io – e che sorseggia delicatamente come se stesse bevendo dalla fonte per l’eterna giovinezza.
Cena finita, andiamo alla cassa. Totale: 24 euro. Lui ne mette 20 sul bancone, e poi mi fissa. Prendo il portafoglio, metto la differenza, esco dal locale, mi metto al volante, parto per raggiungere casa, e nel bel mezzo di un rettilineo apro la sua portiera e lo scaravento fuori.
Col pensiero. Perché non sono una ragazza violenta. Mi sono limitata a riportarlo alla sua macchina e tanti saluti e baci. Anzi, ora che ci penso, che ci sia rimasto male perché non gli ho lasciato i 4 euro dell’autostrada???
Ma veniamo al soprannome migliore, trovato per la persona che non solo ha dato origine a questa regola, ma che mi è costata più di due anni di vita trascorsi accanto ad uno sfigato travestito da commerciale in gilet e station wagon. Che a pensarci ora, se la storia non è mai decollata, e se ho passato tutto quel tempo a farmi calpestare anima-cuore-corpo, a farmi prendere in giro, a farmi usare nei sentimenti e nei gesti, alla fine non è stata colpa sua, perché lui è così, è una MUFFA. E la muffa rende marcio tutto quello che le sta accanto.
Scimmia, Ansia, Alfonso, Rovigo, Muffa…mi rendo conto che potrei sembrare cattiva ed acida; ma ti assicuro che dietro a queste righe piene di ironia che spero ti abbiano fatto sorridere, c’è tutta l’amarezza per delle relazioni, più o meno stabili e più o meno solide, che sono finite lasciandomi in mano una clessidra rotta dalla quale esce fuori tutta la sabbia. E lasciando alle mie amiche il compito, sempre più arduo, di consolarmi. L’escamotage del soprannome è solo un gioco, che però ha permesso tanto a me quanto a loro di toccare quell’argomento sorridendo, sdrammatizzando, ed iniziando a vivere la fine di quella storia o amicizia con il distacco giusto.
E se una cosa serve a far sorridere una donna triste, ben venga!
Quindi adesso tocca a te, che stai leggendo: quali soprannomi puoi trovare per i tuoi ex?
PS: Se qualcuno si è, più o meno approssimativamente, identificato con i personaggi di cui sopra…beh, prendila con ironia! Dopotutto, possono essere consigli utili per evitare gli stessi atteggiamenti con altre ragazze che incontrerai!
PPS: Se qualcuno sta pensando che gli episodi appena raccontati siano inventati, la risposta è – purtroppo – no. Tutta vita vissuta negli ultimi 6 mesi della mia vita. Adesso capisci perché mi sono messa a scrivere queste regole????
Ahahahahahah!!!! Stupendaaaa!! Ho dato anch’io i soprannomi ai miei ex che lasciano poco spazio all’immaginazione: Piaga (intesa come la classica piaga da decubito che ti mangia i tessuti dall’interno e quando inizi a vedere il buco è troppo tardi…4 anni giusti giusti e bye bye!!!) e Tutto il resto è noia (solo lui era importante, solo lui sapeva come fare le cose, ma soprattutto quali cose fare. Solo lui aveva gli interessi giusti, i miei erano inutili passatempi…3 anni…ciao baci!).