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QUANDO LA VERITÀ HA GLI OCCHIETTI PICCOLI, FALSI E VUOTI DI JIM BELUSHI
Prima di leggere queste righe, guarda il video, guardalo attentamente fino alla fine. È possibile che una persona possa mentire così spudoratamente? Si. E io ne ho le prove, e adesso ti racconto questa breve – ma non troppo – storia triste, affinché anche tu magari possa capire che hai di fianco un bugiardo patologico, e domandarti se vuoi davvero continuare a farti prendere in giro.
Ma soprattutto, affinché ognuna di noi possa imparare ad aprire gli occhi davanti ai segnali.
La storia è questa.
Fine settembre. Lei è rimasta sola in casa dopo una serata passata con lui. Hanno mangiato, guardato un film, e fatto l’amore. Potrebbe sembrare una serata come tante di una coppia come tante, ma per loro ha un significato particolare: hanno rischiato di perdersi, durante l’estate appena trascorsa, e lo spavento lo portano ancora dentro, tanto che facendo l’amore si stringono uno ancora più forte all’altra. Gambe incrociate e cuori fusi.
Il cuore di lei è particolarmente affaticato. Durante quell’estate una brutta malattia le ha strappato il papà, e forse deve ancora cominciare non solo ad elaborare il lutto, ma a rendersene proprio conto.
La crisi con lui era iniziata qualche tempo prima, a luglio, le pare di ricordare. Lui le era sembrato strano, lontano. Le aveva detto che voleva stare da solo, che voleva ritrovare se stesso. Le aveva fatto anche una gran tenerezza, all’inizio. Solo che lei non poteva accettarlo, non poteva accettare di perdere il padre – perché oramai mancava poco – e perdere anche lui, tutto insieme.
«Io ti capisco, ma non ora, ti prego. Non mentre papà muore, ti supplico», e lei lo sapeva, che era sbagliato. Lo sapeva che non aveva il diritto di chiederglielo, ma in quel momento supplicare di averlo accanto ancora un po’ le sembrava l’unico modo per non impazzire.
«Va bene, ma basta che non vada avanti per altri sei mesi però!», lui le aveva risposto così, e lei doveva essere davvero annientata dal dolore per non realizzare quanta atrocità ci fosse in quella risposta. Ma in quel momento, le bastava averlo accanto. E forse anche per quello non aveva dato peso ad alcuni, piccoli segnali che iniziavano a circondarlo. Segnali che, messi uno a fianco all’altro, componevano il nome di una donna. Mail, appunti scritti in giro. Ma lui aveva sempre la giustificazione pronta, e lei di guardare in faccia quei segnali non aveva nessuna intenzione. Non in quel momento.
Il padre si spegne dopo tre settimane (meno male, avrà pensato lui?). Il giorno dopo il funerale, lui parte per una vacanza in famiglia. Le scrive spesso, la chiama, le dice che andrà tutto bene. Le promette di restare al suo fianco. Lei lo sente, nascosto nelle pieghe più schiacciate del cuore, che non è sincero fino in fondo. Ma non può aprire gli occhi adesso. Fa troppo male.
A fine agosto è lei, a partire. Un’amica le ha regalato una vacanza per farle cambiare aria. È sabato sera, si salutano sotto casa. Lui la abbraccia, le sorride.
«Allora non ci sentiamo, questa settimana. Ok? Così tu puoi capire cosa provi, e magari questo distacco farà bene anche a me», lei ha la voce che trema, ed è chiaro ad entrambi che sta tentando di convincersi che sia la cosa giusta. «Però non fare cazzate in questi sei giorni. Aspetta che io torni e decidiamo cosa fare. Me lo prometti?». «Ma cosa vuoi che faccia, amore mio», risponde lui. E sorride che pare sincero davvero.
Il patto era di non sentirsi, ma dopo soli due giorni, è lui che chiama. Mi manchi, le dice. Anche tu, risponde lei. E riprendono i buongiorno amore e le buonanotte amore e lei si sente al sicuro, ogni giorno un po’ di più. Il venerdì, il buongiorno arriva con un vocale. Lui ha la voce calda, dolce e profonda che lei ama tanto. «Oggi amore ho deciso che andrò al mare. Ho bisogno di stare da solo, lontano dalla mia famiglia, per riflettere, leggere. Potrei non avere il telefono sottomano. Ci sentiamo stasera. Passa una buona giornata amore mio». E lei la passa davvero, una buona giornata, perché sente che sta per riprendere tutto il posto giusto nel loro mondo.
Infatti, il giorno dopo lei torna, e lui le dice che la ama, e vuole che tornino insieme. Lei ha il cuore pieno di gioia, ma il sospetto e la paura l’hanno resa fragile, e la fragilità a volte ci abbruttisce, e ci rende persone peggiori.
Capita che lui, quella sera in cui hanno mangiato e guardato un film e fatto l’amore, lasci il portafoglio a casa sua. Capita che lei lo apra, forse perché se lo sentiva, forse perché lo temeva. E trova due biglietti del cinema – attaccati da un lato – che hanno come data la domenica in cui era partita. E trova lo scontrino con due lettini e un ombrellone, che ha come data quel venerdì in cui lui era andato al mare da solo, e trova anche un altro scontrino che racconta di un pranzo al ristorante e due coperti e un primo e un secondo divisi a metà e due bicchieri di prosecco. Sempre quel venerdì.
Lei lo chiama, la voce tremante e le mani sudate. Lui va a casa sua – neanche troppo di corsa – e le ride in faccia. Lo faceva sempre, quando lei era arrabbiata o triste o delusa. Lui le rideva sempre in faccia. Le ride in faccia, e parte con la recita, Blues Brothers parte prima.
«Amore, te lo giuro, sono andato da solo! Ti prego, devi credermi! Lo sai che ti amo amore, non è stata colpa mia. Io non ti ho tradito, dico davvero. Se vuoi che mi inventi che sono andato con lei per farti stare tranquilla, lo faccio, ma non sarebbe vero. Sono andato da solo! Hanno staccato due biglietti per sbaglio al cinema e mi hanno dato gli scontrini sbagliati allo stabilimento e hanno battuto il conto sbagliato al ristorante! Ti giuro! Ero da solo! Non guardarmi così, ti prego! Ok, ti dico la verità: al cinema sono andato con lei, ma l’ho fatto soltanto perché eri così gelosa che parlavi sempre di lei e mi ha fatto venire voglia di uscirci! Ma al mare ero da solo, te lo giuro!»
Lei lo guarda, nella sua testa una voce le grida che no, non ci può credere. Apri gli occhi. APRI GLI OCCHI! Ma lei non può: viene dal buio più profondo, se apre gli occhi adesso potrebbe perdere la vista per sempre. E allora gli crede.
Succede che passa giusto un mese. Un mese d’amore e risate e promesse e baci, ma anche un mese di sospetti. Dentro di lei quel nome di donna continua a camminarle sotto pelle, come il veleno delle zanzare. E allora compie azioni di cui si vergogna immensamente, ma non può farne a meno. Come controllargli la mail. E trovare quello che aveva sempre temuto. Lui che scrive a quel nome di donna per richiederle il numero (che lei gli aveva fatto cancellare); quel nome di donna che gli risponde chiedendogli se non sia stanco di stare con un carabiniere, e che se vuole può offrire a lei un caffè AVVELENATO e risolvere il problema; ahahahaha, granchietto. Risponde lui.
Il cuore le salta in petto. Granchietto. Granchietto. Quel nome di donna – che lei aveva scoperto essere una bella ragazza bionda, tutta boccoli e pure bestemmie, che le abitava a venti metri da casa e che lui conosceva sin dalle scuole medie – aveva anche un soprannome affettuoso.
Lei lo chiama, non controlla la rabbia, diventa quasi volgare quando gli grida: chi cazzo è granchietto? Lui sulle prime si offende per la privacy violata, poi forse si rende conto che la meschinità più grande è stata la sua, e quando lei gli si presenta in casa, non ride più. Stavolta piange. Blues Brothers, parte seconda:
«Amore, ti prego, perdonami!!!! Avevo preso una sbandata per questa ma ti giuro che non abbiamo mai fatto nulla! Te lo giuro! Anzi, quando sei tornata dalla vacanza le avevo detto che avevo scelto te, ma lei è una pazza, davvero, è una sociopatica, era diventata una stalker me la ritrovavo sempre sotto casa e minacciava di dirti tutto!! Per fortuna che hai scoperto la verità così ora posso liberarmi di questa pazza! Amore, ti prego, perdonami!!!!»
Lei ha gli occhi in fiamme e il cuore a pezzi. Nella sua testa, ancora quella voce: no, non ci puoi credere. Apri gli occhi! Ti pare che uno chiama granchietto una stalker??? Ma ancora non ce la fa, a guardare in faccia la realtà. E allora gli crede. E gli crederà per due anni ancora, abbassando la testa di fronte ad ogni straordinaria e creativa scusa che lui le sciorinerà a tempo record. Il cellulare in modalità aerea quando erano insieme. Messaggi ricevuti e cancellati. Chat sparite dai social. Intere sere in cui non si sapeva dove fosse. Il telefono portato in bagno quando mangiavano fuori. Il credito per le telefonate esaurito a metà del mese. Messaggi inviati a lei ma chiaramente indirizzati a qualcun altro.
Ha sempre creduto a tutto. Perché era stupida? Sì, anche. Aveva peccato di stupidità, ingenuità, cecità, credulità. In una parola: aveva peccato d’amore. E quando siamo troppo impegnate ad amare, non abbiamo più energie per credere ai segnali.
Perché i segnali ci sono sempre, ragazze. Sempre. Solo che a volte fa meno male chiudere gli occhi che affrontare la realtà. Ma prima o poi dobbiamo farlo, prima o poi dobbiamo renderci conto che la realtà ha gli occhietti piccoli, falsi e vuoti di Jim Belushi.
Prima o poi dobbiamo renderci conto che una persona che mente, mentirà sempre, e non solo a noi. E sapete cosa dobbiamo fare? Prima di tutto, capire che non è colpa nostra: i bugiardi tendono a farci pensare che siamo noi le vere cause delle loro bugie. Ecco, questo non dovete permetterlo mai.
Poi, una volta passati rabbia e dolore e frustrazione, dobbiamo perdonare. Perdonare noi stesse, per non aver saputo alzarci dal fango prima. E perdonare anche chi ci ha mentito. Perché quando una persona mente così continuamente e facilmente, lo fa con tutti. In famiglia, con gli amici, nel lavoro. In tutte le relazioni che riuscirà a ingarbugliare. Un bugiardo lo è per sempre, e merita la nostra compassione: una vita passata nell’inganno sarà sempre una vita mediocre.
Ma noi, una volta attraversato in pieno il dolore della verità tradita, ci innalzeremo mille spanne più in alto della mediocrità.
E comunque: quant’è più sfigato Jim Belushi senza gli occhiali da sole???