LE COSE CAMBIANO
Gli occhioni castani della piccola Maria sono fissi sul mio avambraccio sinistro.
Con le dita sfiora delicatamente la parte di pelle coperta da un sottile velo di pellicola trasparente.
“Ti fa male?”.
L’espressione del viso è un misto di curiosità e preoccupazione, quanto può essere curiosa e preoccupata una bambina di sette anni che osserva il nuovo tatuaggio della sua baby-sitter.
“No, assolutamente no. Ti piace?”
Maria si sposta una ciocca di capelli ricci dietro l’orecchio, resta assorta qualche secondo per farmi capire che ci sta pensando davvero, e che il suo giudizio è sincero e ponderato.
“Si, tanto. Ma perché ti sei disegnata un gabbiano?”.
Mentre me lo chiede, mi si accovaccia in grembo, come fa sempre prima di addormentarsi per ricevere un po’ di coccole; la seguo da quasi un anno, durante il quale ho visto la sua famiglia disgregarsi tra litigi e rancori.
Mi chiedo quanto stia assorbendo di tutto questo, mentre annuso il profumo della sua pelle, un misto fra il bagnoschiuma alla pesca e l’innocenza dei bambini piccoli.
Mi domando se anche io, alla sua età, abbia mai profumato allo stesso modo; mi chiedo se sono stata anche io così pura, così innocente.
Mi chiedo dove posso essermi persa.
“Perché il gabbiano simboleggia la libertà, e io voglio ricordarmi ogni giorno che devo essere libera, prima di tutto e prima di tutti. La libertà è un diritto importante, Maria, quasi come l’aria che respiriamo”.
“Cosa vuol dire diritto?”.
“Vuol dire che nessuno deve permettersi di toglierti quella cosa; a te, a me, a nessun’altra persona al mondo”.
“Anche ai bambini?”, chiede, spalancando la bocca in preda ad un enorme sbadiglio.
“Anche ai bambini, polpetta!”, e tenendola stretta in braccio, la porto in camera sua per metterla sotto le coperte.
“Da grande voglio anche io farmi un tatuaggio per ricordarmi di essere libera”.
Le sposto i capelli dalla fronte, dove le appoggio un bacio leggero.
“Te ne ricorderai comunque, polpetta, vedrai”.
Esco dalla camera, ritorno in salotto, sistemo i libri che abbiamo sfogliato questa sera; lo sguardo mi cade spesso sul mio tatuaggio nuovo di zecca, e il cuore mi si riempie di forza d’animo e convinzione; non permetterò mai più a nessuno di farmi sentire in trappola.
Mai più, ne sono sicura.
Le ultime parole famose.
Era il 1996, ed ero davvero convinta che sarebbe bastato un tratto d’inchiostro nero di 3 centimetri per ricordare a me stessa che nella vita non bisogna permettere a nessuno di essere la nostra coscienza, di mettersi al primo posto, di toglierci la libertà, l’istinto e la voglia di essere quello che siamo.
Beata convinzione, beata incoscienza.
Perché se ci sono poche cose certe nell’esistenza umana, una di queste è che le cose cambiano, e a volte questo dettaglio ci terrorizza.
Cambiano le situazioni, cambiano le convinzioni, cambiano le persone.
Cambiano gli amori, cambiano i desideri, cambiano i sogni e le necessità.
Cambiano le opinioni e cambiano le priorità.
E’ cambiata Maria, che ho incrociato una volta in un centro commerciale intenta nell’atto di rubare un rossetto, i lunghi capelli ricci diventati un cespuglietto rovinato da troppi passaggi di piastra.
Non mi ha nemmeno riconosciuta.
E sono cambiata io, anche in seguito a tutte le volte che ho permesso a qualcuno di calpestare la mia libertà, alla faccia del gabbiano che mi ero tatuata.
E per fortuna è andata così, per fortuna ho vissuto e ho sbagliato e ho imparato da quegli errori che ho commesso una, due, tre volte ancora, perché tre volte più grande è stata la lezione.
E ho imparato che purezza e innocenza non sono caratteristiche destinate a perdersi, ma alloggiano nella spontaneità, che spesso attribuiamo solo ai bambini ma che in realtà risiede in ognuno di noi, e nella nostra capacità di essere autentici, anche quando tutto cambia.
Perché laddove esiste il cambiamento, inizia un’evoluzione.
E allora dobbiamo vivere e credere e amare e desiderare e sognare e pensare e costruirci il nostro mondo ricordandoci che tanto tutto cambia.
Ed ecco che un gabbiano può diventare un fior di loto.