Regola#100nonvogliomicalaluna.eseanchefosse,melaprendereidasola

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…La luna? Io non voglio mica la luna. O forse si, mi piace pensare di non avere ancora deciso. Ma se anche fosse, stronzetto, fidati che me la prenderei da sola…

NON VOGLIO MICA LA LUNA. E SE ANCHE FOSSE, ME LA PRENDEREI DA SOLA

Escono dal ristorante.

Cazzo, non me lo ricordavo così costoso, ma sono sicuro ne è valsa la pena, guarda che culo che porta in giro questa qui, ci farei un figurone portandomela alla prossima regata. (pensa lui tentando di metterle un braccio intorno alla schiena; più verso il basso, a guardar bene).

Per Dio, ma la battuta “stavolta faccio io, tu pagherai alla prossima” se la poteva pure risparmiare. Prima cosa da fare quando torno a casa: cancellare il suo numero dalla rubrica. Ti sei bruciato al primo appuntamento, figlio di papà che non ha fatto altro che parlare delle sue regate e i party con gli amici e guarda qui che orologino che mi sono regalato. Che ci fai con un pezzo da 4000€ al polso quando non sai nemmeno usare un congiuntivo! (pensa lei, spostandosi con eleganza per evitare qualsiasi contatto fisico).

LUI: Beh, ti accompagno alla macchina se vuoi. (anche perché la lingua in bocca te la infilo più volentieri se stiamo comodi in auto).

LEI: No, grazie. Ho parcheggiato proprio qui dietro. Grazie per la cena, hai scelto un ottimo ristorante (l’unica cosa positiva della serata, anche se l’ambiente è un po’ troppo snob per i miei gusti. Magari se mi avessi anche lasciato dire qualcosina potrei ringraziarti per la conversazione, ma visto che mi sono sorbita i tuoi monologhi e i tuoi pipponi su come conduco la mia vita, anche no).

LUI: Sicura? (ma mi hai visto bene? Ma sai a cosa stai dicendo di no? Ma non ti ho fatto impazzire gli ormoni soltanto con uno sguardo, bambina?)

LEI: Sicura! (non abusare della mia pazienza, macho man de ‘sti cazzi, perché mi sono ripromessa di essere educata ma se insisti ancora userò il mio tacco 12 per trasformare quegli orrendi mocassini in pelle in un paio di infradito).

LUI: Ok, ti chiamo domani allora bambina. (eccola qua, un’altra finta santarella di quelle che te la calano la seconda sera solo per partito preso).

LEI: Grazie ancora per la cena. Ciao (se mi chiami ancora bambina ti spettino quel ridicolo ciuffo da hipster dell’ultimo minuto con un rutto. Possibile che i tipi più assurdi li trovi tutti io? Casa, voglio solo correre a casa e farmi una birra sul divano, così forse riequilibrio con un po’ di spontaneità queste due ore di pesantezza e noia).

E va verso la sua macchina. Sale, butta sul sedile del passeggero borsa, giacca e cellulare, prende l’ipod e sceglie il best of dei Metallica. Tempo un quarto d’ora ed è a casa. Entra, butta le scarpe sul tappetto, si prende una birra e si butta sul divano. Un po’ di zapping prima di dormire.
Sente che ha soltanto bisogno di leggerezza. Ripensa alla cena. Ripensa a quel musicista incontrato per caso a un concerto.

Bello, era bello, niente da dire.
Ma l’elenco delle sue virtù si fermava a questo, perché per il resto si era rivelato un egocentrico più concentrato sul suo papillon che sulle corde del violoncello.

Sente un bip. Un messaggio. E’ lui.

“Buonanotte bambina! E’ stato un piacere chiacchierare con te! Sabato ho una regata: che dici se vieni con me? Ci facciamo un girettino, ti presento qualche amichetto e passiamo il fine a coccolarci un po’? Voglio essere sincero con te: tu mi piaci bambina. Posso darti la luna, basta solo che dici di si”.

Lei fa un respiro profondo, fissa il vuoto per un secondo. Un ultimo sorso di birra.
La luna? Io non voglio mica la luna. O forse si, mi piace pensare di non avere ancora deciso.
Ma se anche fosse, stronzetto, fidati che me la prenderei da sola.
E dopo qualche secondo, in un loft del centro, il telefono che si illumina è quello di lui.

“Ho conosciuto finora talmente tanti tipi sbagliati, che riconoscerò quello giusto per esclusione.  Ecco, stasera lo escludo. Buonanotte bambolotto”.

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