PER UN PUNTO MARTIN PERSE LA CAPA
“Una volta, un re fece una festa, e c’erano le principesse più belle del regno. Basta. Un soldato che faceva la guardia, vide passare la figlia del re; era la più bella di tutte e se ne innamorò subito ma, ma che poteva fare un povero soldato a paragone con la figlia del re. Basta. Finalmente un giorno riuscì a incontrarla, e ci dissi che nun poteva più vivere senza di lei. La principessa, fu accussì impressionata dal suo forte sentimento che ci disse al soldato: se saprai aspettare 100 giorni e 100 notte sotto il mio balcone, alla fine, io sarò tua.
Minchia, subbito, il soldato se ne andò là e aspettò un giorno, e due giorni, e dieci, e poi venti e ogni sera la principessa controllava dalla finestra, ma quello non si muoveva mai.
Con la pioggia, con il vento, con la neve era sempre là; gli uccelli ci cagavano in testa e le api se lo mangiavano vivo, ma lui non si muoveva. Dopo novanta notti era diventato tutto secco, bianco, e ci scendevano le lacrime dagli occhi e nun poteva trattenerle, che non aveva più la forza manco per dormire.
Mentre la principessa sempre che lo guardava.
E arrivati alla 99esima notte, il soldato si alzò, si prese la sedia e se ne andò via”.
Arrivato a questo punto, Salvatore guarda Alfredo stupito, ed esclama: ma come? Alla fine? E Alfredo, il vecchio proiezionista del Nuovo Cinema Paradiso, si alza dal gradino dove stavano seduti e dice: io non lo so qual’è il significato. Se lo capisci, dimmilo tu.
Io l’ho capito solo qualche tempo fa, quale sia il senso di questa storia, magistralmente e poeticamente inserita nella sceneggiatura di questo capolavoro che valse a Giuseppe Tornatore l’Oscar come miglior film straniero nel 1990.
L’ho capito quando per l’ennesima volta ho vissuto la sconfitta di un rapporto che tento di coltivare da tutta la vita, e che mi ha ricordato anche tutte le altre relazioni – non solo sentimentali, ma anche affettive e professionali – dalle quali sono uscita apparentemente sconfitta, dopo aver provato mille strade, aver percorso mille tentativi per risolvere la situazione, per trovare un punto d’accordo.
Finché non ho realizzato che non sempre insistere funziona, perché ci sono cose e reazioni che non dipendono da noi.
Se stai vivendo anche tu una situazione come questa, dove tutta la tua energia per arrivare alla meta viene continuamente annientata da fattori esterni, datti un tempo. Pensa alla storia del soldato, e fissati un tempo limite.
Che siano 99 secondi o minuti o giorni. O 99 parole o 99 battiti del tuo cuore. O 99 sospiri che fai o 99 lacrime che piangi.
Scegli l’unità di misura che vuoi, ma fissati un limite.
Combatti per tutto il tempo, spenditi fino all’ultima cellula di te. Porta pazienza e rialzati e sopporta e insisti e continua a lottare per quello che vuoi.
Ma quando arrivi a 99, alzati, prenditi la sedia e vattene via.
Fermati prima di farti ancora più male.
Con la persona che ami.
Con il lavoro che fai.
Con la tua amica da una vita.
Con te stessa, e con quella parte di te che non riesci più a capire.
Con il sogno che non riesci a realizzare. Con la delusione che non riesci a superare.
Insisti, lotta e combatti. Ma fino a 99. Poi alzati, prenditi la sedia e vattene via.
Perché a volte, quella che sembra una resa, altro non è che il tuo asso nella manica.