LET IT BE
Buio. Esattamente una settimana fa mi sono trovata immersa nel buio più totale, perché si è spento un caro amico troppo presto e non ho saputo cogliere subito tutta la luce che la sua vita – diventata una neo stella – aveva iniziato a spargere.
Fango. Esattamente una settimana fa mi sono trovata una valangata di fango addosso, che non ho saputo scrostare dalla pelle subito perché la botta è stata troppo inaspettata e io troppo debole e sorpresa per riuscire a parare i colpi.
Sale. Esattamente una settimana fa ho pianto così tanto che mi si sono aperti tutti i pori della faccia, e son spariti tutti i punti neri. Chiamasi pulizia del viso spontanea, e ne avrei fatto volentieri a meno.
Vuoto. Esattamente una settimana fa vedevo vuoto intorno a me, e la parola domani sembrava così irreale da trovare una forma soltanto se incarnata nel suo opposto, soltanto se identificata con il concetto di ieri. Inesistente, quindi.
Zero assoluto. Una settimana fa mi sentivo esattamente così.
Oggi, mi sento il cuore talmente pieno di gioia e cose belle che mi sembra di scoppiare, e ringrazio il cielo più che mai per le mie tettone dirompenti perché secondo me sono così grandi proprio per permettere a tutta la felicità che ho in petto di restarmi in circolo e non evaporare subito.
Vuoi sapere cos’ho fatto in questi 7 giorni per cambiare le cose così? NIENTE, o meglio, niente di STRAORDINARIO. Ho vissuto e basta, ho lasciato per qualche giorno che le cose andassero per conto loro.
Mi sono trovata in crisi, ed invece di sbraitare e mettermi a cercare una soluzione e scellerarmi di pensieri e correre a parlare con le persone fidate cui di solito ricorrevo sempre in questi casi, sono stata ferma, immobile nel mio angolino. Perché le crisi più profonde sono esattamente come una distesa di sabbie mobili, e più ti agiti e ti muovi e ti impegni e ti arrovelli per fare qualcosa per salvarti, più sprofondi giù.
Let it be. Lascia che sia.
Lascia che questo momento si srotoli fino alla fine come un tappeto vecchio pieno di polvere che recuperi dalla soffitta e ti riempie occhi e polmoni di minuscoli pezzettini di schifo. Sta’ ferma, e cerca di parlare con quante meno persone puoi, perché in questi casi avere amici attorno può sembrarti utile necessario e fondamentale, ma rischi di renderli impotenti di fronte alla tua disperazione e farli sembrare inutili ai tuoi occhi.
Ti diranno che devi contare solo su te stessa, quando te stessa in quel momento non sai nemmeno come fai di nome; ti diranno che tutto passa e passerà anche questo momento, ma dentro di te vorresti urlare che non t’importa che tutto passi, tu vuoi stare meglio ADESSO. Ti diranno che c’è di peggio, ma a te non frega un cazzo di quello che c’è fuori perché sei tutta dentro a quello che provi tu. Ti diranno che a tutto c’è rimedio, e vaffanculo tu non vuoi un rimedio, vuoi rivendicare il tuo diritto a non stare così male. Ti diranno un sacco di cose che, razionalmente, condivideresti una per una, anzi, che saresti tu la prima a dire a te stessa se i ruoli fossero rovesciati. Ma non servirebbe a nulla, perché l’interruttore deve scattare dentro di te, e puoi farlo scattare solo tu.
Nelle sabbie mobili ci stai tu, tu da sola.
E allora, devi fare l’unica cosa sensata e naturale: sta ferma, non pensare a niente, non agire. Lascia passare qualche giorno, vivendo come faresti normalmente. Recita, per un po’, tanto sai benissimo che lo puoi fare.
E senza rendertene conto, ti alzerai una mattina con un po’ più di aria nel polmoni, e così il giorno dopo, ed il giorno dopo ancora, perché l’unica certezza che hai è che la vita va avanti comunque. E alla fine scoprirai da sola che le sabbie mobili non sono altro che dune mosse da troppo vento.
Uno dei tuoi post più belli…..condivido in pieno. La sofferenza vissuta nella piena e totale intimità si trasforma e ci trasforma. Brava!
Grazie cara! Che belle parole le tue…! EBT