TEMPUS FUGIT? E TU CORRI PIU’ VELOCE!
1981, 1982, 1983, 1984, 1985. Da giugno a settembre. Ecco gli anni che hanno rappresentato le estati più belle della mia vita, caratterizzate da una routine che non sarebbe tornata mai più e che racchiudeva la spensieratezza di avere quasi dieci anni e la piccola ma preziosa maturità di non averne più 5.
Trascorrevo tutti i pomeriggi allo stesso modo: i miei che andavano a lavoro e mi portavano a giocare col gruppo di amici vicino alla fabbrica, e dalle 14 alle 18 la mia famiglia diventavano loro. Francesca, Marco, Chicca. Giovanni e Alessia, Silvio, Michele, Nicola. Pietro. Ogni pomeriggio una nuova avventura, che magari era la stessa del giorno prima ma a noi non importava più di tanto perché bastava essere lì. E così le strade interne diventavano i nostri circuiti da conquistare in bicicletta, e i sassi che mettevamo uno sull’altro per costruire il nostro villaggio privato erano persino meglio dei Lego; e i campi sui quali ci sdraiavamo a mangiare le pannocchie appena raccolte erano tutto quello che vedevamo alzando lo sguardo, e i cumuli di fieno da scavalcare per poi buttarci giù erano le uniche giostre che ci sognavamo di cavalcare.
La piscina rotonda in plastica su cui si stava due alla volta, e le pizzette sul tavolo in cristallo come merenda tutti i giorni alle 4. I matrimoni per finta, il gioco della bottiglia. La sensazione che il mondo fosse tutto lì, nelle nostre mani. Questi i ricordi che più di tutto dominano le mie estati alle scuole elementari, unitamente alla prima, importante conquista che ho imparato a fare: impadronirmi del tempo.
Mi spiego.
Se quei caldi pomeriggi primi anni ’80 erano vissuti all’insegna del gioco e del divertimento, le mattine avevano una sola parola d’ordine: relax.
Eh sì, perché non appena i miei si richiudevano alle spalle la porta di casa per andare a lavoro, io – che mi ero svegliata sentendo i loro rumori ma restavo immobile sotto le lenzuola come in piena fase REM, uscivo di soppiatto e sgattaiolavo dentro quel loro lettone enorme rimasto inabitato, e da lì mi partivano le due ore di sonno più beate della giornata. Poi, alle 10 in punto, il mio orologio fisiologico comunicava al mio cervello l’impulso decisivo per costringermi a spalancare gli occhi, accendere la tv in camera dei miei, puntare dritta dritta su RaiTre e vedermi….I MUSICARELLI!!!!
Ebbene sì, lo confesso, li ho visti tutti! Gianni Morandi, Little Tony, Al Bano, Rita Pavone, Mal, Mina, Adriano Celentano, Caterina Caselli, Bobbi Solo, Orietta Berti. Non me ne sono persa uno. Da In Ginocchio da Te a La Feldmarescialla tutte le mattine erano il mio appuntamento fisso.
Con un piccolo problemino, tuttavia. Il Musicarello del giorno finiva alle 1150 precise, i miei tornavano a casa tutti i giorni alle 1210 ancor più precise, e tutto quello che si aspettavano da me era di preparare la tavola per il pranzo e mettere l’acqua a bollire per la pasta. Fu allora che imparai l’arte di dominare il tempo.
Perché alle 1150, non appena sullo schermo di quel piccolo televisore appariva la scritta bianca su sfondo nero “FINE”, le molecole del mio corpo subivano una trasformazione fisica incredibile, e io diventavo una sorta di mini Flash Gordon della tavola imbandita.
In venti minuti riuscivo a: uscire da letto dei miei-rifare il letto dei miei-fare il mio, di letto – lavarmi la faccia – lavarmi i denti – vestirmi – fiondarmi in cucina – estrarre il tavolo dal mobile (avevamo un cucina un po’ strana) – estrarre la tovaglia dal cassetto – posizionare la tovaglia – prendere la pentola dal lavello – riempirla d’acqua – metterla sul fuoco – accendere il fuoco – sistemare tre piatti lisci sul tavolo – sistemare tre piatti fondi sul tavolo – sistemare tre salviette sul tavolo – sistemare tre coltelli e tre forchette e tre bicchieri – specchiarmi su di un cucchiaio per assicurarmi di non essere diventata la protagonista della favola “riccioli d’oro e i tre orsi – sedermi sul divano con un libro scolastico in mano della serie “ho studiato talmente tanto stamattina che mi devo mettere sul divano ora – rendermi conto di non avere messo il sale, quindi alzarmi e provvedere – ritornare sul divano nel momento esatto in cui i miei entravano in casa.
E con un ultimo, impercettibile ma fulmineo movimento, raccogliere con il dorso della mano la piccola goccia di sudore che mi stava colando dalla fronte, un secondo prima che i miei entrassero in cucina.
5 estati di allenamento significano 15 mesi di allenamento e cioè circa 450 giorni di allenamento. Il risultato? Sono una regina nell’arte delle cose all’ultimo minuto, ma non perché sono più brava degli altri, semplicemente ho realizzato le seguenti cose fondamentali:
- Il peggior nemico del tempo è il panico. Se sei in ritardo e ti fai prendere dal panico, sta sicura che non riuscirai mai a finire in tempo quello che devi.
- Ce la fai sempre, perché tanto prima o poi la giornata finisce e tu vai a dormire avendo fatto quello che dovevi, nolente o volente
A ripensarci ora, c’è un’altra cosa che ho imparato. Gianni Morandi e Laura Efrikian dovevano restare sposati, non c’è storia!