Regola#42luomoGuainettaMediashopping

#42
…Hai presente il film Flashdance, quando Jennifer Gray balla nel locale e si rovescia l’acqua addosso? Ecco, ero messa così. Solo che io sembravo piuttosto Sid, il bradipo dell’Era Glaciale quando dorme sul sasso. ..

L’UOMO GUAINETTA MEDIASHOPPING

Qualche mese fa sono andata alle terme con un ragazzo che mi piaceva moltissimo. Ero galvanizzata prima di quell’appuntamento, perché secondo me questo ragazzo era quello giusto. Era ENNESIMAMENTE quello giusto. Viene a prendermi sotto casa, tutto profumato e vestito esattamente come piace a me. Mi apre la portiera dell’auto. Mi aiuta a indossare la cintura di sicurezza. Mi protegge col braccio teso ogni volta che, guidando, gli capita di dover frenare all’improvviso.

Arriviamo alle terme, e mi raccomanda di stare attenta nello spogliatoio delle donne. Esco, gli vado incontro, mi prende per mano. E da quel momento, mi sveglio dal sogno, e realizzo che sono uscita con l’uomo Guainetta Mediashopping, perché per tutto il tempo mi sono sentita come quella volta del Premio Campiello. E qui parte il flashback, che neanche Alessandro Manzoni saprebbe fare meglio.

Correva l’anno 2009, ed ero stata invitata al Teatro La Fenice di Venezia per il Premio Campiello, come assistente dell’allora Assessore alla Cultura della Provincia di Padova Leandro Comacchio. Non stavo in me dalla gioia: io, Fenice, Venezia, Campiello!!!! Urgeva un look impeccabile, e mi attivo come posso: estetista, parrucchiera, un gran bel paio di decolleté tacco 14 nuovo di zecca. Grande errore: mai portare un paio di scarpe altissime senza averle prima rodate per minimo due settimane. Ma questo è un altro discorso. E un’altra regola.

Per quanto riguarda il vestito, scelgo un tubino nero attillato smanicato, con una splendida stola dorata. Perfetta. Se non fosse che in quel periodo ero in una delle mie fasi morbide, per cui avevo quei fottutissimi 5-6 chili di troppo, tutti concentrati, manco a dirlo, su giro vita, fianchi, cosce. Il tubino mi stava bene come la pellicola trasparente per proteggere il cibo avvolto attorno ad un salame al cioccolato fatto male. Rendo l’idea?

Prima di farmi prendere dal panico, darmi malata e rinunciare all’evento, mi concentro sul mio guardaroba, ed eccola lì: la Guainetta Mediashopping color carne, comprata qualche anno prima. Sapevo che un giorno mi sarebbe stata utile.

Arriva quel sabato 5 settembre. Doccia, trucco, crema idratante (mai spalmarti di crema idratante se poi devi indossare qualcosa di attillato…). Arriva il nostro momento, mio e della guainetta. Inizio ad infilarla, e ben presto mi accorgo che è un’impresa quasi impossibile, come tentare di mettere un piumone dentro al sacchetto sotto vuoto. Piano, piano, riesco a metterci dentro una gamba, poi l’altra, poi a tirar su tutto. Ti credo, che ti toglie le imperfezioni, perché mentre la srotoli e ti ci infili dentro, tutti i centimetri di grasso traslano da una parte all’altra del corpo, sicché alla fine ti ritrovi con tutta la ciccia che hai in più dal ginocchio alle tette, accumulata sotto alle ascelle, che ti sembra di girare con due cotechini sotto alle braccia. Vabbé chissene, tanto ho la stola.

Pronti, partenza, via. Stasera spacco il mondo.

Arriviamo a Venezia, e ho un sorriso genuino ed entusiasta stampato sulle labbra. Il taxi-motoscafo ci sta aspettando, saliamo assieme ad altre invitate. Inizio a rendermi conto che forse potrei avere qualche problema quando capisco che, così come sono scesa senza difficoltà sul taxi, devo anche risalire. Col vestito tutto attillato che mi arriva al ginocchio. E la guaina color carne 5 millimetri più sopra, impossibile da nascondere. E mo’????

Tento di fare le prove per capire quanto posso alzare il tubino, provando a tenere le gambe a ics strette sul ginocchio e alzare prima un piede e poi l’altro. Sembro un panda che tenta di saltare per eseguire una piroette. Arriviamo a destinazione, il taxi accosta. Un carinissimo signore in tait ci porge la mano per farci salire. Ok, sto per fare una figuraccia, e svelare a tutti il mio segreto. Ma forse non se ne accorge nessuno, tutt’al più solo queste 4-5 persone. Eventualmente posso eliminarle fisicamente affinché non parlino. Fortunatamente, posso rinunciare alla mia idea di fare una strage per preservare la mia dignità grazie ad una delle altre invitate, cui cade la pochette in acqua mentre sta salendo. Grazie, Lady Svamp.

Ci incamminiamo verso il teatro, e inizio ad avvertire uno stranissimo e pungente dolore che proviene dall’alluce del piede sinistro. Fu così che scoprii, nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, che avevo l’alluce valgo. Cazzo.

Arriviamo alla Fenice – bella da togliere il fiato – e ci accomodiamo nel nostro palchetto. Inizia la premiazione. Io tifo per uno dei miei idoli letterari, Margaret Mazzantini, in corsa per la vittoria con il suo favoloso “Venuto al Mondo”. Sta andando tutto bene. Fino a quando, circa 15 minuti dopo, inizio ad avvertire un’altra, strana sensazione. Stavolta non proviene dall’alluce – mi ero già assuefatta al dolore – ma dalla bocca dello stomaco. Provo a cambiare posizione per trovare un po’ di sollievo, sicché inizio a stendere le gambe davanti a me e contestualmente a portare indietro la schiena, dritta come un fuso perché se solo mi piegavo in avanti mi scattava l’apnea.

Dopo 25 minuti l’Assessore si gira per chiedermi come sto, e mi trova tutta rigida, dalla punta dei piedi alla testa, messa in posizione obliqua sulla sedia. Hai presente il film Flashdance, quando Jennifer Gray balla nel locale e si rovescia l’acqua addosso? Ecco, ero messa così. Solo che io sembravo piuttosto a Sid, il bradipo dell’Era Glaciale quando dorme sul sasso. L’Assessore mi chiede se va tutto bene. Io dico di sì, ma dalla mia gola la voce esce acuta e stridula stile farsetto, come se fossi un uomo cui stanno schiacciando gli attributi.

Causa guainetta, mi si era concretamente addormentato tutto l’apparato digerente, respiratorio, muscolare, e anche riproduttivo, credo. E soprattutto, non riuscivo più a respirare. Cosa fare a quel punto?

Andare in bagno, togliere la guaina e metterla in borsa? Certo. Se solo non fossi venuta con la pochette grande come un portafoglio, che avrei potuto avvolgerla col la guaina, più che mettercela dentro.

Andare in bagno, togliere la guaina e buttarla via? Impossibile. Amo troppo l’arte per contaminare i bagni della Fenice con una guaina color carne. E volevo evitare – il giorno seguente – di essere la notizia di apertura di Studio Aperto: trovata nei bagni della Fenice una guainetta Mediashopping ancora calda, ci colleghiamo con il nostro inviato che sta indagando sul fatto.

Scelgo di resistere e portare a termine la serata, con uno stoicismo che fino ad allora non sapevo di possedere, peccato che dopo la premiazione fosse previsto anche un buffet. Un ricco buffet.

Devi sapere che io, da brava incosciente quale ero, non avevo mangiato nulla per tutto il giorno proprio per evitare quei 2 millimetri di pancia in più durante l’evento, per cui alle 22.40 di quell’attesissimo sabato sera io mi trovavo al Premio Campiello, alla Fenice, a Venezia, non solo in preda ad una crisi respiratoria perché i polmoni non riuscivano a dilatarsi nella gabbia toracica, ma anche in preda alle allucinazioni a causa della fame.

Arriviamo nel salone del buffet, e inizio a vedermi passare davanti piatti di risotto fumante e bicchierini pieni di cioccolata. Mi avvicino al tavolo delle bevande per idratarmi con un po’ d’acqua, ed ecco l’amara scoperta: non solo non riesco a bere un sorso d’acqua, ma nemmeno a mandar giù la mia stessa saliva, senza rischiare mi scoppino le cuciture del vestito, della guaina, delle mutande, ma anche la cicatrice che ho sulla gamba causa incidente di tanti anni prima.

Grazie al cielo, anche questo soffertissimo momento del buffet passa, e ci avviamo di nuovo verso il taxi. Comincio ad infischiarmene delle apparenze, e appena fuori dal teatro mi tolgo le scarpe, e cammino scalza per le calli, ascoltando le grida di giubilo dei miei piedi.

Siamo tutti nel taxi – motoscafo. Freddo infame nonostante sia settembre. Tutti gli altri ospiti sono seduti dentro. Fuori, a sfidare la notturna aria frescolina della laguna, solo due persone. L’autista del taxi, e la sottoscritta, in piedi dritta e immobile come la Statua della Libertà. L’Assessore mi raggiunge e mi chiede come mai non voglia star dentro con gli altri. Io rispondo, sempre con la voce di Farinelli: voglio godermi il panorama. Ma la triste verità era un’altra: a forza di stare costretto nella guainetta, il corpo si era talmente irrigidito che non potevo più piegarmi. Sedermi? Mission impossible.

Arriviamo alla macchina (se ti stai chiedendo come abbia fatto a scendere dal taxi, beh, sappi che a quel punto avrebbero potuto vedermi non solo la guaina, ma anche tutto il ministero, ero talmente stravolta che non mi importava più nulla!).

Finalmente, arrivo alla mia auto. Saluto il mio capo senza praticamente guardarlo in faccia, salgo nella mia Ka, e mi tolgo vestito e- finalmente – guaina. Che non ho indossato mai più in vita mia.

Ora, se ti stai domandando il perché di questo lunghissimo flashback, e cosa c’entri tutto questo con il mio appuntamento alle terme, ti rispondo subito. Quel ragazzo era un classico esempio dell’Uomo Guainetta Mediashopping: NON TI FA RESPIRARE.

PS: Onde evitare una denuncia da Mediashopping, dichiaro volontariamente che probabilmente il disagio è stato causato dall’aver acquistato la taglia di guainetta sbagliata. Si si.

PPS: Quell’anno il Campiello l’ha vinto lei, la Mazzantini. E questo è uno dei ricordi belli di quella serata, perché io c’ero, e le ho pure stretto la mano durante il buffet. E chissà che stretta le ho dato!

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