FA’ PACE CON LA BAMBINA CHE SEI STATA
L’altro giorno, mentre sistemavo un cassetto, da un mucchio di carte è uscita una vecchia fotografia, tagliata a forma di cerchio perché evidentemente un tempo era stata incorniciata. Nella foto ci sono io, avrò avuto sì e no 4 anni. Ero con i miei genitori a casa di amici, la sera di carnevale. Indossavo il vestito da Olandesina, in pannolenci, e sotto avevo il classico lupetto che tutti i bimbi sono costretti a portare sotto qualsiasi costume di carnevale, perché carnevale viene a febbraio e a febbraio fa freddo e i costumi di solito son di stoffa talmente leggera che rischi di strapparla anche solo tirando i coriandoli.
Trovare quella foto mi ha riportata indietro di 30 anni, ma non è stato piacevole. L’ho vissuto come uno schiaffo in pieno viso. Sono andata in camera mia, mi sono stesa sul letto e mi sono messa a fissare quella foto, a guardare quella bambina – me, bambina – negli occhi.
Ero in posa, leggermente girata di lato, con le braccia sui fianchi. Una piccolina vanitosa e smorfiosetta.
Ma la cosa che mi ha colpito di più, è la mia espressione. Quel sorriso quasi accennato di chi si sente sicura, bella; quello sguardo fiero, un po’ strafottente, di chi non ha paura di niente. E mentre guardavo negli occhi – attraverso quella foto – la me che ero stata, dalla pancia mi è partito un sentimento stranissimo, un misto di tristezza e nostalgia dato da un unico pensiero: io quella bimba sentivo d’averla tradita.
D’un tratto, mi sono tornati in mente tutti i sogni che avevo allora, e soprattutto la consapevolezza che non ne ho realizzato neanche uno. Allora ho chiuso gli occhi, e ho immaginato di abbracciare quella bambina, con tutto l’amore che negli anni le ho sempre negato. E le ho chiesto scusa, perché poi crescendo ho rinnegato tutte le sue certezze: ho perso quella sicurezza, ho smesso di sentirmi bella, ho cominciato ad avere paura di tutto. Anche di quello che pensavo io.
Le ho chiesto scusa per tutte le volte che ho permesso a qualcuno di farle del male, di calpestare la sua dignità. Le ho chiesto scusa per tutte le volte che ho sporcato la sua speranza e maledetto la sua immaginazione e illuso la sua voglia di amare e rifiutato di credere alla sua vocazione per le parole.
Le ho chiesto scusa per tutte le volte che ho sotterrato con troppo trucco la sua insicurezza, e per tutte le volte che ho sbagliato braccia nelle quali lasciarmi andare. Le ho chiesto scusa per non essere diventata la donna che si immaginava di poter diventare. Le ho chiesto scusa per non essere ancora diventata una mamma.
Ho iniziato a piangere, e il naso – molto meno poeticamente di quello che il momento avrebbe richiesto – ha iniziato a gocciolarmi. Mi alzo per prendere un fazzoletto dal comodino, e lo sguardo mi si posa su tre foto appese al muro, una in particolare. Era un sabato di due anni fa, e stavo per andare al matrimonio di una coppia di amici. I capelli raccolti, l’abito in fantasia verde senza maniche. Avevo chiamato un’amica a casa mia per farle vedere il mio look, e si era messa a farmi un sacco di foto col cellulare. Avevamo riso per un’ora, mentre mi atteggiavo a fare la vamp. Mi sentivo leggera, e la leggerezza mi rendeva felice, e quella foto che poi avevo scelto di appendere in camera lo dimostrava più di tutte; e in quella foto, senza saperlo, avevo esattamente la stessa posa ed espressione di quella scattata tutti quegli anni prima. Ero la versione cresciuta di quella fantolina vestita da Olandesina, con la stessa luce nello sguardo. E lì ho capito.
Quella bimba non l’ho delusa, o tradita, o rinnegata. Quella bimba è semplicemente cresciuta, passando attraverso tutte le cicatrici e le soddisfazioni che le ha imposto la vita, perché la vita è così, gioca con i fili del tuo destino come se fosse una partita a Shangai. Che se sposti un bastoncino colorato senza far cadere tutti gli altri che ha addosso vinci. Se ne cade uno, uno soltanto, perdi.
E tutte le scelte che facciamo, non sono mai sbagliate perché fanno parte di noi, e se in un dato momento decidiamo di fare una cosa, è perché lo sentiamo. Punto. Non esistono scelte sbagliate perché tu non sei sbagliata quando scegli. Tu non sei sbagliata mai.
Cerca una tua foto di quando eri piccola. Guardati. Immagina di essere con lei, ora che sei adulta, e di abbracciarla con la consapevolezza che hai maturato. Fa’ pace con la bimba che sei stata, fa’ pace con tutto quello che hai vissuto. E dillo, alla bambina che eri, diglielo che tu non hai tradito i suoi sogni, perché i sogni più belli sono quelli che non avete ancora imparato a fare.
E adesso, per favore, soffiati il naso, perché non è bello se fai vedere ai tuoi figli la foto di te da piccola che hai appena ritrovato tutta ricoperta di moccio. Capito?