Regola#253contasempreesolosudite

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CONTA SEMPRE E SOLO SU DI TE

Entro in casa che ho il fiatone, e quando mi chiudo la porta alle spalle il rumore è così forte, così sordo, così definito che ci casco dentro in pieno.
Appoggio la schiena al legno freddo.

Chiudo gli occhi, ma rimando le lacrime indietro perché non è ancora il momento, anche se sto aspettando da quasi tutto il pomeriggio.
Pensare che la giornata era iniziata benissimo.
Poi è bastato un niente – una litigata con papà, un amico che tira pacco per la cena – e tutta la tensione e lo stress di questo periodo mi assalgono di nuovo.
Ancor più violentemente.

Mi tolgo tutti i vestiti ancora ferma sulla porta.
Mi spoglio con rabbia, lascio tutto per terra, e mi lancio in un tango di movimenti frenetici e agitati.
Sto per scoppiare.
Inizio a riempire la vasca di acqua bollente, bagnoschiuma e sali.
Accendo le candele, mi verso un bicchiere di vino rosso.
Alzo il volume dell’ipod.

Poi finalmente entro in acqua, mi butto sotto con la testa e lascio andare tutto.
La stanchezza, la delusione, la tristezza.
E soprattutto la solitudine, che di tutte queste emozioni è la più puttana.
Piango, fissando il soffitto e domandandomi perché non ho ancora imparato a non aspettarmi più niente, a vivere tutto con meno me.
Meno cuore. Meno testa. Meno film.

Mi spingo con la testa ancora più sotto l’acqua.
Sto cercando di sentirmi al sicuro, come quando ero nella pancia di mia madre.
Ed ecco che capisco.
Non è il destino che ci ferisce. Non sono le cose, le persone, gli eventi a farci male.
Siamo noi, da soli.
Perché dal momento stesso che veniamo al mondo, ci abituiamo ad aver bisogno degli altri, dimenticandoci che le uniche persone sulle quali possiamo davvero contare siamo soltanto noi.

Cresciamo circondati da gente, sempre concentrati per cercare una relazione con l’altro, una forma di comunicazione, una carezza, uno sguardo che ci faccia sentire al posto giusto.
Una pacca sulla spalla, un gesto d’approvazione.
Ma l’unico posto giusto ce lo portiamo dentro.
Siamo noi.
Gli unici che conoscono quello che siamo davvero, che davvero vogliamo, che davvero pensiamo, siamo noi.

Ci insegnano a stare al mondo, a socializzare, a comprendere gli altri; e intanto ci dimentichiamo come stare soli, come comprendere noi, come volerci bene noi per primi.
Ci abituano tutta la vita a dipendere da qualcun altro; ci spiegano tutta la vita che esistiamo solo se abbiamo un ruolo, e non un’identità.

E poi capita una sera come questa, in cui mi sento così sola che vorrei gridarlo al mondo che ho paura.
E lo sbaglio è tutto lì.
Perché la solitudine non deve far paura, ma deve farci sentire al sicuro.
Dev’essere il punto di partenza.
Solo se accettiamo di essere fondamentalmente soli, possiamo diventare una risorsa gratuita e spontanea per gli altri, e anche per noi.

Solo se comprendiamo di essere soli, possiamo apprezzare la presenza degli altri come dono, e non come un obiettivo.

Solo se iniziamo a contare su di noi – e su di noi soltanto – possiamo evitare di amare gli altri perché ne abbiamo bisogno, ma semplicemente e naturalmente e magnificamente perché vogliamo amarli.
Solo se iniziamo a renderci conto che siamo soli, avremo sempre tutto quello che ci serve.

Smetto di piangere.
L’acqua si sta freddando, il vino nel bicchiere è quasi finito.
La rabbia è passata, come anche la delusione. E con loro la paura.
C’è solo spazio per la voglia di ricominciare; e ricominciare significa riabilitarmi alla solitudine.
Rieducarmi a contare solo su di me, che sarò sempre il mio punto di partenza.
La mia certezza.
La mia forza.

E allora penso a quanto sono fortunata, perché nonostante tutto, sono viva, sto bene.
Posso scegliere.

Esco dalla vasca, mi guardo allo specchio.
Occhi rossi, labbra sorridenti e dita tutte raggrinzite per l’acqua.
Ecco l’istantanea perfetta di me.
Prendo il cellullare, e scrivo alla mia migliore amica, che non mi aveva risposto per tutto il pomeriggio perché impegnata con le sue bimbe.

Crisi passata.
Ti chiamo domani.
Ti voglio bene, Micca.

E’ quando capiamo che, sotto sotto, siamo tutti soli, che impariamo a volere davvero bene agli altri semplicemente perché esistono nella nostra vita.
Con le litigate, con le cene saltate, con gli impegni che spesso ci portano lontano.
O che portano lontani noi da loro.

Perché la nostra vita possiamo scegliere di raccontarla attraverso un milione di foto diverse, che ci vedono accanto ad un milione di persone diverse – chi ci ha fatto bene e chi male, chi abbiamo amato e chi meno, chi vorremmo di nuovo con noi e chi anche no – ma la prima e l’ultima foto dell’album dovrai sempre essere tu.

Anche se te la sei scattata da sola con tutta la cornice storta, che tanto te lo saprai sempre cosa – e soprattutto chi – c’è dietro, dentro e di fianco.

E il segreto è tutto lì.

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