La mia squadra del cuore è l’Inter.
Pensavo da piccoletta, perchè l’Inter era la squadra del cuore di mio papà che era l’uomo più importante della mia vita. E allora dovevo essere interista per forza.
Ma a 12 anni mi sono innamorata di Paolo Maldini, e allora la mia squadra del cuore è diventata il Milan perché Maldini del Milan era il difensore sinistro e io avevo tutte le sue foto attaccate al muro con lo scotch.
Cosa che papà ha sempre odiato molto, ma non ho mai capito se fosse per lo scotch o per il Milan.
Tuttavia, a 20 anni la squadra del cuore è diventata la Juventus, perché il mio primo fidanzato ufficiale era juventino e diceva di assomigliare a Del Piero. Cosa che forse in effetti un pochettino era anche vera, anche se non mi pare di averlo mai visto girare per casa con un uccellino sulle spalle.
Poi quella storia è finita, facendomi soffrire così tanto che avevo deciso non avrei tifato più per nessuna squadra, giusto per usare una metafora.
E invece le cose cambiano – cambiano sempre.
E negli anni dopo sono stata, nell’ordine: tifosa ferrea del Vicenza, tifosa convinta della Lazio, tifosa appassionata della Fiorentina e tifosa sfegatata dell’Udinese, con una breve parentesi dedicata al rugby e una, ancora più breve, alla pallavolo.
Fino a quando non ho capito che stavo sbagliando tutto, non tanto nel mio approccio poco coerente con lo sport, quanto piuttosto nelle mie relazioni sentimentali, perché ho sempre avuto la pericolosissima tendenza a essere una donna camaleonte: diventare quello che pensavo il mio uomo volesse accanto.
Che si trattasse di musica da ascoltare o film da guardare o libri da leggere, abbracciavo completamente i gusti del mio compagno, senza rinunciare ai miei, ovviamente, ma privilegiando quelli della mia metà del cielo di allora.
Così come nei progetti di vita o nella routine di tutti i giorni, finanche alla concezione dell’amore in sé.
Ero romantica se stavo con un romantico.
Concreta se stavo con un concreto.
Lunatica se stavo con un lunatico.
In pratica, coltivavo dell’amore non il concetto che avevo io, ma il concetto secondo la persona con cui stavo.
L’amore secondo te – qualsiasi te fosse – e mai l’amore secondo me.
Poi un giorno ho capito.
Non era sbagliata la mia intenzione di abbracciare in toto il mondo del mio uomo, ma era sbagliatissimo il concetto che l’amore esistesse solo secondo l’opinione e il modo di vivere di qualcuno, o anche solo secondo il mio modo di vivere.
Perché l’amore non dovrebbe mai esistere “secondo”, ma solo al primo posto.
Un posto che cresce e cambia e matura e si completa giorno dopo giorno, vivendo di quello che sei tu e vivendo di quello che sono le persone intorno a te.
Tutte le persone.
Perchè l’amore si nutre delle esperienze che viviamo e delle esperienze che sappiamo trasmettere; l’amore vive di condivisione e discussione e questo a me piace e questo a te no.
L’amore vive dei momenti in cui non siete d’accordo e di quelli in cui vi guardate e neanche serve dire quello che pensate, perché tanto la persona che ti sta guardando negli occhi ha già capito tutto.
L’amore vive nella diversità e nella capacità di bere la conoscenza una dalle labbra dell’altro.
L’amore vive anche quando lo chiamate in due o mille altri modi diversi, ma tenendovi comunque per mano guardando nella stessa direzione.
L’amore vive dove vivono sincerità e accoglienza.
Ecco perché da allora sono sempre stata me stessa, in quello che indosso e in quello in cui credo e in quello che leggo scrivo ascolto; nell’amore che sento e in quello che non svelerò mai.
Sono sempre io.
E devi fare la stessa cosa anche tu. Non cambiare e non farti cambiare e non pretendere di cambiare qualcuno mai.
Credi in quello che sei, perché solo se ci credi sarà un valore aggiunto per te e per chi ti incontra.
Solo se resti pienamente te stessa potrai darti agli altri con slancio e spontaneità, e prendere degli altri esattamente quello che prendono loro di te: tutto.
Tanto il bello, quanto il brutto.
Ricordati sempre che siamo nati per essere unici, e non piccoli e assurdi camaleonti che cambiano colore a seconda di chi hanno di fianco.
Da quando l’ho capito, la mia squadra del cuore è diventata solo e soltanto una: quella di cui sono Presidente!
E guai a chi tocca i miei ragazzi dell’AC Quinto!