RICORDATI DI COMPRARE L’AGENDA PER L’ANNO NUOVO!
Il vecchietto zappava e quell’uomo intimava: si fermi!
Alle 17 quel giorno i miei sorrisi erano già finiti
Ripensavo ai momenti passati a casa di amici
Alle ore appena trascorse che erano state così felici
Al semaforo quella volante aspettava in agguato
Ma non avevo paura perché la mia macchina era un acquisto nuovo
Quindi serena e spavalda porgo loro patente e libretto
Poi d’un tratto uno di loro mi guarda stupito
“Che anno è?”, chiede lui.
“2014″, rispondo io.
“Che giorno è?”, chiede ancora lui.
“Venerdì 2 maggio”, rispondo ancora io.
“Ecco, appunto. La revisione è scaduta”.
E a quel punto la voce del carabiniere ha lo stesso suono di Battisti che canta i Giardini di Marzo su di un 33 giri graffiato e rovinato per sempre.
Revisione scaduta? Impossibile!!! Avevo comprato la macchina soltanto sei mesi prima, bollo e assicurazione regolarmente pagati. Le ruote, filtro, freni, olio, era tutto ok. Anzi, non ero mai stata così tranquilla di fronte ad una volante come quella volta lì. Almeno inizialmente.
“Vede, signora. La revisione è scaduta”. E mi mostra il libretto.
Aveva ragione; la revisione della mia fottutissima macchina nuova era scaduta.
Il 30 aprile, quindi due giorni prima. Scendo dall’auto e chiamo il mio nuovo concessionario: chiedo spiegazioni, visto che quello della macchina vecchia mi mandava una lettera di promemoria qualche settimana prima della scadenza.
“Noi non lo facciamo – mi rispondono. Doveva scriverlo in agenda”.
Agenda???? Vero. Di solito scrivo tutto in agenda, ma quella volta avevo la testa per aria e avevo comprato l’agenda che il nuovo anno era già iniziato.
Fisso subito un appuntamento per la revisione, esattamente il giorno dopo, praticamente meno di 12 ore da quel momento.
Guardo i carabinieri con lo sguardo supplichevole: una multa non potevo proprio permettermela. Avevo perso il lavoro da poco e la situazione non era per niente rosea.
“Non potete chiudere un occhio? Avete sentito la telefonata, non avevo idea fosse scaduta l’altro ieri, e domani mattina alle 9 sarà già tutto in regola.”
“Sono 190 euro se paga entro cinque giorni. Ora le facciamo il verbale.”
Sarà stata la durezza nella voce di quel carabiniere, o la sua incapacità a voler capire – o quanto meno la sua mancanza di empatia. Sarà che magari mi sarebbe bastato sentirgli dire che non poteva fare altrimenti. Sarà che in quei giorni ero talmente stanca della sfiga che stavo per scoppiare. Sarà che sapevo, sotto sotto, di avere sbagliato io, che quella data nell’agenda dovevo scriverla, fatto sta che quella frase, così fredda e ineluttabile, mi fa scoppiare in un pianto disperato.
“190 euro è metà del mio affitto. E ho perso il lavoro due mesi fa”.
Dico guardandolo dritto in faccia.
“Si ritenga fortunata che la normativa è cambiata e le permettiamo di ritornare a casa”, risponde lui.
Mentre scrivono il verbale mi guardo intorno. Ferma a quel semaforo nella strada verso Portogruaro (e quindi a un’ora e mezza da casa mia); ero appena stata a trovare un caro amico, e stavo andando a cena da un’altra cara amica che abitava da quelle parti. Stavo attraversando un periodo difficile, e stare con belle persone che mi volevano bene era quello di cui avevo più bisogno.
Di quella multa però non avevo bisogno, proprio no.
Il silenzio è pesantissimo. Io ho i lacrimoni che mi rigano le guance, che a pensarci ora un po’ mi vergogno, un po’ mi vien voglia di tornare a quel giorno per abbracciarmi da sola.
D’un tratto mi accorgo che il vecchietto che stava zappando il piccolo orticello dietro alla piazzetta dov’è la volante, è sparito. Giusto il tempo di realizzarlo, e lo vedo uscire di casa, pantaloni marroni, maglietta bianca e bretelle. Ha un vecchio cappello in testa, cammina lento e un po’ storto sulla sinistra. Una lentezza saggia, tuttavia, per niente malata.
Viene verso la rete. Mi fa segno di andare da lui. In mano, in quelle vecchie mani piene di strade e viali, tiene un bicchiere d’acqua per me. Mi sussurra qualcosa mentre mi porge il bicchiere. Parole che ricordo ora con la stessa intensità di quel momento. Mi sento piccola, piccola. Bevo tutto d’un fiato, poi tiro su col naso perché le lacrime son diventati moccoloni. Lui mette la mano in tasca, e mi porge un fazzoletto di stoffa bianco, immacolato, piegato e stirato benissimo.
Profuma di ammorbidente buono.
E’ pulito. Tienilo, mi dice.
Torno alla volante. Il carabiniere alza lo sguardo dal verbale e mi dice: “Nulla da dichiarare?”.
Penso alla frase che mi ha detto quel vecchietto. Guardo il carabiniere, mi mordo la lingua, e dico di no. Grazie.
Firmi qui.
Firmo. Torno all’auto. Riparto, e guido per un bel po’ tenendo sempre quel fazzoletto fra le mani.
Quasi due anni dopo, questa regola è per te, vecchietto, che mi hai regalato in due minuti il ricordo dei nonni che non ho conosciuto.
Questa regola è anche per te, carabiniere, che ho capito che stavi facendo il tuo lavoro, ma perdindirindina, potevi anche essere un attimino più umano! Ma si vede che avevi anche te una brutta giornata. Quindi nessun rancore, anche perché la multa quella volta me l’ha pagata papà.
E questa regola è per te, amica, per ricordarti che l’anno sta finendo e non devi dimenticare di comprare l’agenda nuova, dove segnarti tutto tutto….ricorrenze, scadenze, i compleanni (anche il tuo, mi raccomando, perché non sei meno importante delle persone di cui ti devi ricordare).
Ah, e ricordati di segnarti che tutti i mercoledì e le domeniche esce una regola nuova!
A proposito, vuoi sapere cosa mi sussurrò quel vecchietto, porgendomi il bicchiere d’acqua?
Semplicemente questo: “tutto passa, bambina, anche le cose più brutte. Piangi pure adesso, perché ne hai bisogno, ma ricorda che un giorno su questo ci riderai sopra”.