IO, TU E LE ROSE, ovvero storia semplice di un amore dolce, e un po’ bizzarro
La signora Marisa ha 84, e non ha più nessuno al mondo.
Forse ha perso tutti i suoi legami, forse non ne ha mai veramente avuti.
La signora Marisa è elegante, raffinata, si muove con gesti lenti e curati.
Si prende sempre qualche secondo prima di parlare, perché ha imparato vivendo che le parole hanno un peso decisivo e determinante.
Forse la signora Marisa è una contessa.
Lo si intuisce dai gioielli, e un po’ anche dalla R leggermente alla Giovanni Agnelli.
La signora Marisa è di Torino, in effetti.
E tutti i giorni, alla stessa ora, pranza fuori casa. Sempre allo stesso tavolo dello stesso ristorante.
Il ristorante di Domenico, ragazzo sorridente e dagli occhi pieni di cose.
La signora Marisa tutti i giorni va a pranzo da Domenico, perché gli si è affezionata.
Prova per lui un sentimento intenso e vero, che sa un po’ di mamma e nonna e della donna che è stata un tempo.
La signora Marisa ama la musica, quella vera, quella di una volta – dice lei – e la sua canzone preferita della è “Io, tu e le rose” di Orietta Berti.
Una sera, forse è già quasi notte, Domenico sente suonare il telefono di casa.
Si alza di scatto per non far svegliare i figli nella stanza accanto. Dall’altra parte della cornetta c’è Marisa, che canta.
“Io, tu e le rose/io, tu e l’amore/ quando, quando tu respiri accanto a me/solo allora io comprendo d’esser viva”
Canta fino all’ultimo verso, poi riattacca.
Domenico ritorna in camera, lo racconta alla moglie. Sorridono pensando alla dolcezza – un po’ stravagante – della signora Marisa.
Dopo sei giorni, la signora Marisa muore.
Per una settimana, Domenico lascia il tavolo – quel tavolo – sempre preparato per uno.
Non permette a nessuno di sedersi, nemmeno quando il ristorante è pieno.
Poi decide che non è abbastanza, che nel suo ristorante ci deve essere qualcosa di più stabile a ricordarla.
E allora scrive il titolo della canzone sulla parete, proprio a fianco del ricordo del profilo di Marisa, quando si sedeva a mangiare lì.
E quella scritta lì è ancora.
Perché i sentimenti veri, quelli che nascono nella purezza della spontaneità, sono destinati a durare.
Perché i sentimenti puliti, quelli che non chiedono nulla in cambio se non la possibilità di esistere, sono destinati ad essere raccontati.
Perché l’amore ha sfumature che a volte non sappiamo cogliere, o sottovalutiamo, semplicemente perché disegnate in uno stile diverso dal nostro, o che a noi non piace.
Perché l’amore dopotutto è una cosa semplice, se solo ci accontentassimo di viverlo col cuore.
“Anche se cadesse il mondo/ quello stesso giorno noi saremo là/ io, tu e le rose
E se l’odio della gente ci terrà lontani resteremo noi/Io tu e l’amore”