Una volta ho presentato uno spettacolo con Natalino Balasso.
Entro in scena, e improvviso un piccolo EustachiaShow – 5 minuti in tutto – perché di solito quando presento un artista mi piace creare l’atmosfera giusta per l’occasione, e un brevissimo EustachiaShow per presentare Natalino Balasso ci stava tutto.
Difatti il pubblico ride, applaude.
Esco dal palco soddisfatta.
Mi siedo dietro le quinte, sugli scalini che portano ai camerini, ed inizio a pensare.
Ok, non ho le gambe chilometriche, e neanche le caviglie sottili ed affusolate; il giro vita si stacca di poco – troppo poco – dal giro fianchi e dal giro tette, e il profilo non è certo quello di Grace Kelly (né dalla parte sinistra, né da quella destra).
Però so parlare, e sono simpatica.
E nella vita si incontrano un sacco di persone che preferiscono di un libro la bella storia piuttosto del solo titolo ad effetto.
Penso questo mentre Balasso porta il pubblico – un tutto esaurito – dove vuole.
Li fa sorridere, li fa ridere, li fa riflettere.
Sul palco con lui la Compagnia Thema Teatro, di Vicenza.
L’atmosfera è bella, perché si sta facendo un gran bel teatro sul quel palco.
Finisce il primo tempo.
Balasso mi passa a fianco mentre sale verso il camerino. Salendo le scale ad un certo punto si ferma, si gira, scende uno scalino per venire verso di me.
Mi guarda e dice: maaaaaaa, avevi bevuto prima di presentare, o sei così di tuo???
Lo prendo come un complimento, anche perché lui sta ridendo, e si capisce che in realtà quella mini presentazione di 5 minuti gli è piaciuta, e nel contesto ci stava.
Balasso mi aveva capita. Ma non succede sempre, ahimè, perché la simpatia è come l’amore: non sempre viene riconosciuta, e tanto meno ricambiata.
Come mi capitò di realizzare qualche tempo dopo.
Sto camminando verso casa. Mi sento particolarmente simpatica, anche quel giorno lì.
Un furgone – di quelli che consegnano pacchi tutto il giorno – mi si ferma accanto.
“Scusi, signora, posso chiederle un’informazione?”
“Signorina”
“Scusi?”
“Signorina, non signora”.
“Ah, ok. E’ che dicono dopo i 18 si debba chiamare tutte signora”.
“E se io i diciotto dovessi ancora compierli?”
Silenzio.
“Ok, era una battuta. Io comunque preferisco signorina. Allora, questa informazione?”.
“Si, ok. Sto cercando questo indirizzo”.
E mi porge un foglietto. Conosco perfettamente la via, e anche il destinatario.
“Vai sempre dritto per un chilometro, e preparati a girare a destra nella stradina subito dopo un capitello con un Madonnina. La strada è molto piccola, ed è anche un po’ nascosta. Devi concentrarti sul capitello. Vedi quello, e sei a posto. Gira lungo la stradina e trovi subito il civico che cerchi. Non puoi sbagliare se prendi il capitello come riferimento. Ma stai attento, se perdi l’entrata della stradina poi è un caos e per girarti devi andare avanti per chilometri”.
“Ok, Grazie signora…ehm…signorina”.
Parte – e mi è sembrato di percepire pure una sgommata.
Deve aver pensato che fossi proprio antipatica.
Due ore dopo mi chiama un’amica.
“Hai sentito cos’è successo?”
“No”
“Ieri sera un camion è uscito di strada, e ha distrutto il capitello della Madonnina. Non si è fatto male nessuno, ma stamattina del capitello non restava più niente!! Pazzesco”.
Antipatica, e pure stronza, avrà pensato quel tipo.
Eppure io volevo soltanto essere simpatica.
Morale: l’umorismo è una cosa seria, e un dono strano.
C’è chi ce l’ha, e chi no.
C’è chi è convinto di averlo, e sbaglia.
C’è chi è convinto di non averlo, e sbaglia pure lui.
Ciò che conta, e vince sempre, è la spontaneità, che poi è come un seme buono: prima o poi porta sempre i suoi frutti.
E comunque, signorina tutta la vita!
PS: Natalino, te lo giuro, quella volta non avevo bevuto.
Giusto un paio di sorsi dalla mia fiaschetta della Prugna (la grappa, non il succo) per scaldare la voce.
Giusto un paio…