Regola#350nonperderemaiiltuoentusiasmo

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NON PERDERE MAI IL TUO ENTUSIASMO

Vedo un tramonto rosa, e mi esalto come una bambina vestita da principessa il giorno di carnevale. Ascolto una canzone intensa e bellissima, e mi viene la pelle d’oca come nelle docce d’inverno con il bagnoschiuma sempre troppo freddo. Il mio ragazzo entra in casa dopo ben quattro ore che non lo vedo, e gli salto al collo e lo riempio di baci come se fosse tornato dopo un ritiro di 7 anni in Tibet.

E’ più forte di me: sono un’incorreggibile entusiasta, e ho tutta l’intenzione di continuare ad esserlo, nonostante le valangate di cacca che quotidianamente il destino – evidentemente afflitto da pessimismo cosmico – mi butta addosso.
Qualche esempio.

1.
Arrivo in ufficio il venerdì mattina, con la mente fortemente sotto stress perché questa settimana mi è successo di tutto.
Non vedo l’ora che trascorra la giornata per tornare a casa e godermi un weekend all’insegna delle cose che amo di più e che riescono a caricarmi: mio moroso, una cena con gli amici, tempo per me stessa da organizzare fra lettura, scrittura e una puntatina a teatro.
Pensare a quello che mi aspetta da lì a poche ore mi alleggerisce la mente e mi regala un inaspettato entusiasmo, quel tanto che basta per pronunciare l’unica frase bandita in situazioni come questa.
“Monica, chissà che questa giornata passi senza rotture di coglioni, che stasera alle 18.30 fuggo via e stacco la spina fino a lunedì!”
La mia collega mi guarda con il terrore davanti agli occhi: ho infranto il patto implicito che vige nel nostro ufficio perché pronunciando quella frase – secondo lei – ho automaticamente attirato su di noi ogni possibile contrattempo e problema.
E in effetti ha ragione, perchè quel venerdì piovono addosso talmente tante cose da fare, che ci tocca saltare la pausa pranzo, far pipì giusto due volte e in extremis e comunque parlando contemporaneamente al telefono con qualcuno e la sera usciamo alle 20.00 sfinite ed esauste.
Ma nonostante la stanchezza, mi basta pensare che la giornata è finita e ora mi aspettano solo cose belle, e immediatamente l’entusiasmo torna a pizzicarmi nelle vene.
Wendy VS Pessimismo Cosmico 1-0.

2.
Sto facendo colazione con la mia migliore amica, in una domenica mattina fredda ma assolata; stiamo chiacchierando della mia storia d’amore, di come stanno andando le cose.
La guardo con gli occhi a forma di cuore perché sono reduce da una serata bellissima passata con il mio lui, e dico l’unica frase che non si dovrebbe dire in questi casi.
“Claudia, sta andando benissimo. Ieri abbiamo passato una giornata meravigliosa, e lui è sempre di più quello che avevo sognato per me: premuroso, comprensivo, affettuoso. Sono proprio felice!”.
La mia amica mi guarda un po’ scettica, dice che è contenta per me ma che in amore non bisognerebbe mai abbassare la guardia, anche perché a lei mio moroso non piace poi così tanto.
E infatti, qualche ora dopo sono a casa che ci litigo, con il mio ragazzo, perché si è dimenticato di avere un impegno per la sera – che ovviamente non prevede la mia presenza – e sta mandando a puttane tutti i programmi che avevamo.
Il nervoso mi sale dalla pancia e mi si blocca in gola.
Mi chiudo in camera a piangere perché non c’è verso che lui capisca quali sono le priorità.
O forse sto piangendo perché le sue priorità sono fin troppo chiare, come fin troppo chiaro è il fatto che io non ne faccio parte.
Mi rendo conto che devo guardare in faccia la realtà, e prendere seriamente in considerazione che questa storia non sta andando come dovrebbe, perché se stesse andando come dovrebbe sarei serena e invece non lo sono mai e piango tutti i giorni e allora vuol dire che non siamo fatti per stare insieme e se non siamo fatti per stare insieme l’unica cosa da fare è andare ognuno per la sua strada perché se non è lui vuol dire che forse da qualche parte c’è qualcuno che mi sta aspettando.
Forse devo ancora incontrarlo, l’amore della mia vita.
E se devo ancora incontrarlo, vuol dire che starò bene da sola fino a quando arriverà, e quando arriverà starò ancora meglio.
Ergo, sto per stare ancora meglio.
E questo pensiero basta a farmi tornare l’entusiasmo in circolo.
Wendy VS Pessimismo Cosmico 2-0.

3.
Ferma davanti al bancomat da dove ho appena prelevato, sto controllando il mio estratto conto; ah però, le cose mi stanno andando bene, penso.
Ultimamente sono riuscita a risparmiare parecchio, quasi quasi posso iniziare a progettare l’acquisto del nuovo computer che sogno da un po’, e magari posso pure rifarmi il guardaroba.
Guido verso casa con la mente proiettata a tutti i nuovi acquisti che posso concedermi.
Arrivo al parcheggio, scendo dall’auto, apro la cassetta della posta.
E trovo tre lettere: una bolletta, una multa e una cartella dell’agenzia dell’entrate che mi ricorda che in Italia esiste una tassa da pagare che si chiama “bollo”, e di cui io ho sbadatamente dimenticato l’esistenza per gli ultimi tre anni.
E addio nuovo computer e guardaroba rinnovato, perché il  massimo che posso permettermi sono delle mutande nuove prendi tre paghi due.
Entro in casa e mi butto sul divano in preda allo sconforto; una vita passata a dover lottare per tutto, senza nessun regalo, senza nessuna concessione.
Non ce la faccio più.
Poso la testa sul cuscino del divano, e mi guardo intorno; e quello che vedo non solo mi piace, ma soprattutto è mio.
La casa, piccola ma confortevole, è mia.
L’auto che ho in garage, comprata usata e tenuta male perché sono un disastro, è mia.
I libri sparsi in ogni stanza, i vestiti nell’armadio e le scarpe per terra dovunque.
Tutto mio, tutte piccole conquiste per cui non devo ringraziare nessuno tranne me.
E se ce l’ho fatta finora, continuerò a farcela sempre.
Eccolo, l’ossigeno per il cuore; eccolo, l’entusiasmo che torna a colorarmi le guance.
Wendy VS Pessimismo Cosmico 3-0.

E sarà sempre così, perché non ho nessuna intenzione di cambiare una delle cose di me che mi tengono ancorata e salda a questa vita, comunque vada e qualsiasi cosa accada.
Perché l’entusiasmo vince sempre su tutto, e tutto quello che ci succede, attraverso le nostre mani, può diventare un punto di colore contro il nero che ci circonda.

E poi, come diceva Frida Khalo, “che farei io senza l’assurdo?”.

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